mercoledì 7 settembre 2016

Elegia degli amori sfiorati


Vorrei dirti che ti verrà a trovare la nostalgia. 

Passeranno giorni, mesi, forse anni e poi replicherai quel gesto, quell’allora, banale – scendi da un’auto, appoggi il tacco, barcolli sulla portiera, scompigli i capelli. Al tempo di quell’allora avresti voluto qualcuno che ti dicesse “Ehi ballerina di jazz, questa è la felicità”. 
Lo capiamo troppo tardi, quando è già malinconia.
Due rette parallele x e Y avanzano ognuna con la propria direzione e poi un lazzo, uno schiribizzo dell'universo devia le traiettorie tracciate, per un attimo – due treni che si stavano per scontrare e poi invece all'ultimo una brusca frenata riporta su binari paralleli - così succede con gli incontri, le tangenze gli sfioramenti d’anime che si incrociano e poi si mancano.
Gli amori sfiorati si annusano furtivamente il collo nel tempo di un abbraccio. Sono quelli per i quali vorresti poter avere una mattina d’estate con il latte di mandorla, la pila di libri sottobraccio e i piedi incrociati sulla sedia. Sono quelli che quando esci dall’ufficio li  vorresti accanto, seduti al tavolino nel tramonto di un altrove. 
Lasciano ammacchi, bolli segreti di malinconia.
Mi chiedo se prima dell’ultimo scarto ci sia stato un tempo per gli sguardi che si incrociano, che ci incrociano. 


 La domanda non è perché, la domanda è se, se anche tu hai visto me.