sabato 25 giugno 2016

Vorrei che il signor Palomar m'insegnasse a guardare il cielo



«Provate a immaginare di prendere a prestito il signor Palomar dal libro omonimo di Italo Calvino e di fargli osservare, una notte d’estate, il cielo. Esso lo colpirà immediatamente per la confusione di stelle, disperse a caso. Provate ora a indurre il signor Palomar a esaminarlo una seconda volta. Quel disordine gli apparirà come un ordine cosmico, imperturbabile notte dopo notte. Ma c’è anche una terza visione, da farsi a tavolino, col ragionamento, quella a cui il signor Palomar può pervenire per iniezione di un nuovo e formidabile disordine in quest’ordine. Qui egli potrà vedere, attraverso una binocularità mentale, un universo che si organizza disintegrandosi. È quello in cui le stelle nascono, esplodono, muoiono: è l’universo in espansione e in dispersione, in cui ordine e disordine convivono in uno strano rapporto».

La nostra vita è un fluire di persone, passanti, idee, sentimenti, energie.
Il risultato di questa complessità è un mondo in evoluzione, un’esistenza continuamente attratta dalle due forze contrapposte della mobilità o della fissità.
Quando avevo vent’anni e vivevo in biblioteca pensavo di riassumere la mia esistenza nel verbo greco ezomai, stare fermo ma con tutta l’energia in movimento, dentro. Il mio posto era quella biblioteca, nell'angolo più remoto dei cortili dell'università.

Quasi dieci anni dopo alla mia generazione è stato dato il nome di millennials.
Prendiamo aerei come fossero treni, abbiamo le creme viso contro l’inquinamento elettromagnetico, stiamo troppe ore al pc e troppo poco a riposo. Siamo in debito di sonno e in overdose di Iphone.
Guardo la mia vita delle ultime settimane, ho perso il conto delle valigie e delle lavatrici, ma non ricordo l’ultima spesa all’Esselunga. Ho pianto sui taxi e messo il club sandwich del room service alla base della mia piramide alimentare. Sono alla perenne ricerca delle prese per il caricabatterie e di Frecciarossa in SuperEconomy. E, in estrema antitesi, di una casa nuova con posto bici, libreria e armadi per due. Meglio se  dotata di asciugatrice e i maxi frigo per le verdure biologiche del mercato Coldiretti del mercoledì.
Se mi domandassero come vivo ora, non potrei rispondere che così: nell’opposta tensione tra avanzare e fermarsi. Tra la paura dell'ignoto, avanti, e l'ansia di capire -come e dove- porre radici.
Allora, come il signor Palomar guardo il cielo stellato. Mi soffermo su vite precise, scandite da incastri geometrici e nette linee di demarcazione, vedo cieli di carta perfettamente, artificiosamente, immobili.
Mi chiedo se diventare grandi sia opporsi o assecondare l’uno o altro istinto.
Mi chiedo quale sia il mio posto in questo universo vero e complesso.
Viviamo senza soluzione di continuità: quello che sarà domani agglomererà anche le macerie dell’oggi, i residui di polvere di stelle e le implosioni delle nostre fantasie. Perchè, sì a volte i  nostri sogni e castelli d'aria esplodono e si lancinano in schegge taglienti.
Ma, se non ci fosse mai stato il Big Bang non ci sarebbero i mondi, le stelle, le nuvole, le tempeste.
“Allora vai avanti, in questo mondo complesso. E saranno disordine, venti sconquassati e squarci nei cieli di carta. E sarà una nuova forma e sarà vita, la tua”.
Croce del Moncucco (1900 m), Valdossola. In una parola, casa.






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